Tra la valle del Fiume Nera, il Fosso Tissino e la Piana di Monteleone di Spoleto, si erge il massiccio calcareo formato dal Monte Coscerno (m 1684), dal Monte di Civitella (m 1565) e dal Monte Aspra (m 1652), vero e proprio “cuore” dell’Appennino Umbro. L`Oasi naturalistica dei Monti Coscerno ed Aspra è un territorio che sorprende sempre. Chi direbbe che lassù possono crescere i mirtilli e volare ancora le aquile, quanti possono ancora aspettarsi in Umbria un luogo, così vicino alle pianure e alle città, dove continuare a trovare le foreste e le coturnici dell’Appennino? Silenzio e paesaggio sono i due elementi che rendono unica questa area naturalistica nel cuore della Valnerina.
Su questi monti l’inatteso e la sorpresa sembrano non venir mai meno, anche alla luce di quanto “scoperto” nella primavera-estate del 2007, quando una coppia di Corvo imperiale, la prima in Umbria dopo più di trent’anni, è stata vista riprodursi in una selvaggia forra, e quando un Orso bruno“girandolone” si è fatto osservare ed ha “visitato”, ghiotto, le arnie ricche di miele vicino al paese di Gavelli. La fauna dell`Oasi naturalistica dei Monti Coscerno ed Aspra è infatti tra le più ricche dell’intero territorio regionale e di tutto l’Appennino centrale. Tre in particolare sono le “bestie selvagge” che la caratterizzano da sempre, e che ricorrono nei racconti di storia locale, di escursioni e di caccia: l’Aquila reale, il Lupo e la Coturnice appenninica. Il grande rapace veleggiatore anima i cieli e le praterie di questi monti e continua a nidificare sulle pareti rocciose della Valcasan, unica coppia “tutta” umbra insieme a quella di Cortigno, nella Valle del Fiume Corno, dopo che negli anni 60 sono scomparse quelle di Monte Patino (Norcia) e del Fosso del Castellone (Ferentillo): detta anche l'Aquila del Coscerno o di Gavelli rastrella gli alti pascoli a caccia di lepri e addirittura si azzarda in pieno agosto a scendere in paese per rapire galline. Bellissima e variagata di specie è la flora: sulle calde pareti rocciose si sviluppano formazioni di Leccio, ed alcuni esemplari di questa quercia mediterranea raggiungono addirittura i 1400 metri di quota, affiancati ai più “montani” Aceri e Faggi, che in autunno colorano di rosso, amaranto e giallo i monti della zona. Più in alto delle rocce e dei boschi sono le praterie del Monte Coscerno, centinaia di ettari di distese erbacee spontanee, ricavate dall’eliminazione dei boschi primigeni da parte dell’uomo allevatore. Il Giglio di San Giovanni, la Viola di Eugenia, il Colchico di Spagna, la Genziana maggiore, la Genziana napoletana e la Fritillaria dell’Orsini si osservano in più punti dei pascoli, talvolta al margine dei boschi. Il Mirtillo nero dell’Appennino tappezza alcune ridotte aree intorno alla cima, unica stazione di presenza di tutta l’Umbria.
CAVALLI SUL MONTE COSCERNO
LA VENDETTA DELL'AQUILA "PADRE"
Nell’anno in cui fu scattata la foto sopra, il 1958, furono uccise una decina di aquile reali sulle montagne della Valnerina.
Accadeva un po’ tutti gli anni. Ma non a tutti coloro che sparavano alle aquile andava sempre liscia.
Un “coraggioso guardacaccia” di Spoleto, così definito in un articolo di giornale dell’epoca, uccise un’aquila ma poi dovette fare i conti col suo compagno. Era l’estate del 1951, i primi di luglio. Antonio - così si chiamava il guardacaccia - se la vide, ad un certo momento, complicata. Nei pressi di Gavelli, « a duemila metri di altezza», scrissero con la solita esagerazione i giornali, «il coraggioso guardacaccia di Spoleto, arrampicandosi in una scogliera a strapiombo di circa 400 metri, dopo un appostamento durato più giorni, è riuscito a catturare un nido di aquile asportando vivi due aquilotti nati circa un mese fa ed uccidendo a colpi di fucile la madre, un esemplare di grossa taglia che misura un’apertura di ali di metri 2,20. Il coraggioso guardacaccia, mentre arrampicandosi sulla roccia si avvicinava al nido sparando, provocava la fuga del maschio,». Il problema fu che le aquile quando si accoppiano mettono proprio su famiglia e restano fedeli vita natural durante. Come poteva il maschio di una specie così nobile non reagire? Ed infatti reagì. Ancora le cronache giornalistiche: «L’aquila maschio ritornò sul posto e, strisciando a terra, afferrava con gli artigli due grosse pietre. Innalzatosi di nuovo a grande altezza, circa 400 metri, lasciava quindi cadere i proiettili nei pressi del nido e solo per fortuna i sassi non hanno colpito né il guardacaccia né altre due persone che si trovavano con lui poco distanti». Una lezione quell’aquila "padre" provò quindi a darla a chi gli aveva distrutto la famiglia e si armò come poté: chissà come sarebbe andata a finire se avesse avuto anch’essa la possibilità di imbracciare un fucile? L’aquila “madre” uccisa venne portata a Spoleto, insieme ai due aquilotti presi prigionieri, per essere esposti.
SPLENDIDI PANORAMI DAL MONTE COSCERNO